Il libro di Antonietta Potente sulla Vita religiosa
Antonietta Potente, È vita ed è religiosa. Una vita religiosa per tutti, Paoline, 2015
Questo testo è scritto per chi non conosce a fondo la "vita religiosa" e per chi, pur conoscendola, la vuole rileggere ancora. Dunque per le religiose e i religiosi, certamente, ma anche per idealisti e idealiste degli anni Sessanta/Settanta e per quelli postmoderni. Il testo comincia con una contestualizzazione della riflessione: rileggere la vita religiosa oggi alla luce della sapienza umana ed evangelica, in un momento storico che chiamiamo di "crisi". Si rifà quindi alle origini dell'epoca cristiana per ritrovare ispirazione: dove è nata la vita religiosa, scoprendo così la scelta alternativa a un cristianesimo strutturato, la creatività di questa scelta e la laicità dell'origine nella religiosità della vita. Analizza poi le metamorfosi della vita religiosa insieme a quelle della società, fa una rilettura dei voti e dei lineamenti principali della vita religiosa: la solitudine comunitaria, l'appartenenza all'altro, ecc. Trasformazione o metamorfosi della spiritualità? Ciò che chiamiamo vita religiosa e la sua storia, letta in modo sapienziale, oggi potrebbe diventare uno stile alternativo per tutti.
Invito ad un metodo per leggere la realtà attuale
Partire dalla fine: è un po' partire da quel senso di non futuro che avvolge l'oggi, l'umanità e soprattutto quei piccoli ograndi gruppi - anche la vita religiosa, appunto - che in qualche modo segnarono la storia o per lo meno ci provarono.
Partire dalla fine è partire dal presente e dal suo senso di non futuro e da un certo atteggiamento di attaccamento a ciò che già conosciamo ed abbiamo sperimentato. (p. 13)
La fine non è un punto di inizio, ma una conclusione. Se fosse così, basterebbe capire cosa si è concluso o si sta concludendo e discernere questo momento. ... allora penserei alla fine come ad un orlo: si tira un filo, si disfa e poi si rifà. Riprendendolo allo stesso modo o forse in modo diverso, ma comunque si rifà. (p. 16)
LA LOGICA DELLA PROFONDITA'
La realtà non è come appare.
L'atteggiamento sapienziale nei confronti della vita non è quello di distruggere il passato o denigrare il presente , per poter sopravvivere in un ipotetico altro modo, ma la percezione ed il riconoscimento di un'altra dimensione, la più plastica dimensione del reale, che di per sè resta silente nella realtà.
Ciò che facilmente appare è insufficiente per vivere. (p. 21)
...questo particolare percorso di vita, chiamato vita religiosa, si è costruito attorno a pochi ed essenziali elementi sapienziali che servono per vivere e che riflettono proprio questa inquietudine di fronte alla realtà che non può essere solo come ci appare. (p.24)
Chi pensa che la realtà è solo questa , quella che percepiamo appena dalle socchiuse finestrelle che sono i nostri occhi, resterà immobile... saremo semplici cultrici di tradizioni inutili, quasi degli attori di teatro; oppure illusi "messia" di un avvenire puramente inventato, ad immagine e somiglianza di quello che abbiamo sempre fatto e già capito. (p. 26)...
Il regno - il senso della vita - è mikroteron, microscopico, che non si può vedere. Come dice il profeta: "non ve ne accorgete".
Forse non ce ne accorgiamo perchè abbiamo a che fare con una logica di vita del puro visibile e numericamente forte, come sinonimo di potere verso la vita stessa. (p.28) Ogni logica di potere infatti non si basa sull'invisibile, sul piccolo, ma sull'appariscenza, sull'essere visti da tutti, salire sui palchi o sugli altari. E se passassimo la vita senza essere visti e riconosciuti da nessuno? Cosa succederebbe? (p. 29)
Molto più bello, pacificato e pacificante, sarebbe percepire la sottile sapienza quotidiana sulla realtà, sulle cose, su ciò che accade, per non restare immobili e non aspettare chissà quali rivelazioni, ma sì, continuare a cercare, attenti alla quotidianità che ci avvolge.
Forse la crisi è dovuta al fatto che percepiamo che qualcosa ci sfugge, ma ci ostiniamo a pensare e praticare il presente ed il futuro con gli stessi criteri di sempre. (p. 31)... crisi chiede di spostare il baricentro della nostra visuale. E' una condizione necessaria ogni volta che dobbiamo imparare di nuovo a vivere, perchè è successo qualcosa a noi o perchè qualcosa sta succedendo attorno a noi.
La perdita di flessibilità di una società in declino è accompaganta da una perdita generale di armonia fra i suoi elementi la quale conduce inevitabilmente a fenomeni di discordia e disgregazione sociale. ... Nemico principale, nella lettura di un periodo storico in crisi, è la non flessibilità e questa è dovuta al progressivo spegnimento della passione per l'invisibile nella quotidianità. (p. 33)
il resto lo mettiamo a puntate, nei file allegati.